Intorno all' "Annuncio ai pastori" e al suo maestro

di Vincenzo Pacelli

La raffigurazione di temi quali la Natività di Gesù, l'Adorazione dei pastori, l'Adorazione dei Magi e l'Annuncio ai pastori costituiscono i nuclei centrali dell'iconografia del Presepe napoletano che si venne affermando nella plastica settecentesca.
Nella pittura come nella scultura del passato questi temi relativi alla nascita del Cristo erano stati costantemente proposti dalla Chiesa per ricordare con la forza evocativa delle immagini l'evento più alto della cristianità: la nascita di Gesù.
Sotto l'accezione della spiritualità popolare che ha caratterizzato il mondo presepiale e il suo messaggio credo sia importante ricordare che i valori laici, popolari e naturalistici siano stati in gran parte desunti dalla pittura naturalistica il cui corso fortunato era stato avviato dalla presenza a Napoli di Michelangelo Merisi da Caravaggio nel corso degli ultimi anni del primo decennio del Seicento.
Lo stesso Caravaggio era entrato in argomento con due opere, l'Adorazione dei pastori di Messina e la Natività rubata a Palermo nell'Oratorio di San Lorenzo.
In entrambe le opere l'artista lombardo trattò con schiettezza popolare e fede naturalistica il tema della nascita di Gesù con delle novità iconografiche e compositive di non poca importanza e seguito.
Nella tela con l'Adorazione dei pastori, oggi al Museo Nazionale di Messina, i protagonisti sono racchiusi in una sorta di triangolo scaleno; all'interno di una stalla dall'indispensabile arredo, il bue e l'asino, Giuseppe e i vecchi pastori, che non recano neppure il più misero dei doni, sono protesi verso il gruppo della madre e del bambino presso cui è posta una sporta con qualche panno e degli arnesi di falegname che conclude il lato lungo del triangolo.

L'altra tela, non ancora ritrovata, apporta all'evento della Natività delle novità iconografiche che suonano come un preludio alle tante presenze che impropriamente vengono inserite nella rappresentazione presepiale. Nella tela di Merisi S. Lorenzo e S. Francesco sono giustificati dalla destinazione francescana dell'opera nell'Oratorio intitolato a S. Lorenzo.
La scena è comunque ridotta all'essenziale, infatti, oltre ai due Santi, c'è solo Giuseppe ed un vecchio pastore, appoggiato al bastone, che assistono alla nascita di Gesù, spogliato di ogni elemento di sacralità; una giovane donna guarda il corpicino nudo che a Roberto Longhi ricordava quello "del bambino miserando abbandonato a terra come un guscio di tellina buttata".

Maestro dell'Annuncio ai pastori

Annuncio ai pastori

Napoli, museo di Capodimonte

 

L'unico elemento alludente alla nascita del Salvatore, e che nel corso del Settecento la rappresentazione presepiale, ma anche la pittura, ha ampliato nel numero facendolo diventare un mero elemento decorativo l'Angelo con la nota scritta "Gloria in excelsis Deo". Non ci si sorprende che Roberto Longhi lesse anche questo brano pittorico in chiave laica: l'Angelo, infatti, "spiomba dall'alto come un giglio scavezzato dal proprio peso".
Queste aperture iconografiche di Merisi non cadranno nel vuoto e sarà raccolta, insieme al suo messaggio spirituale, la sua scelta popolare di stare con gli umili.

Nella tela di Palermo, nella desolata povertà, non sono venuti neppure i Re Magi, con i loro ricchi doni, ad ostentare i loro splendidi vestiti ornati d'oro e d'argento, di perle e di pietre preziose.
Forse il Merisi vollle sottolineare che Gesù era venuto al mondo per portare sollievo e giustizia ai poveri, ancora capaci di accogliere il messaggio di fratellanza.


Maestro dell'Annuncio ai pastori

Annuncio ai pastori

Collezione privata

Maestro dell'Annuncio ai pastori

Annuncio ai pastori (particolare)

Collezione privata

 

Gli artisti che a Napoli aderiscono alla lezione naturalistica del grande lombardo, che proprio nella capitale del Regno aveva lasciato prove altissime della sua maturità artistica, sono numerosissimi, e, per un evento fortunatissimo, tutti dotati di eccezionali capacità: Battistello Caracciolo e Filippo Vitale, Massimo Stanzione, Carlo Sellitto, Giuseppe Ribera e il pittore che, per l'iconografia più volte ripetuta dell'Annuncio della nascita di Gesù ai pastori, è noto, nonostante le proposte di identificazione quasi sempre bene articolate, come Maestro dell'Annuncio ai pastori.
Relativamente al problema dell'identificazione della personalità di questo Maestro attivo, da quanto emerge dalla sua cultura artistica e dai dati in nostro possesso, dai primi anni del 1630 in poi, sono del parere che si tratti di Bartolomeo Passante o di Bassante, di Giovanni Do o di altro Maestro ancora; continueremo a chiamarlo Maestro dell'Annuncio ai Pastori anche quando, per fortunato ritrovamento documentario, se ne dovesse scoprire l'identità. Forse non sarebbe neppure giusto correggere cartellini alle opere, conservate nelle raccolte private, e soprattutto i numerosi interventi a stampa dove il pittore è oggetto di studio.
La felice definizione stilistica dell'opera del Maestro, simile a quella del Riberia "nel componimento e mossa delle figure, e più nel tremendo impasto", è del biografo settecentesco Bernardo De Dominici.