Modi diversi di adorare un bambino

di Roberto Middione

"In la ecclesia di San Ioanne ad Carbonaria……è una cona marmorea, con li tre Magi, Nostro Signore, Nostra Donna e altre figure, fatte per doi spagnoli, Diego e Bartolomeo Ordogno: cosa assai bona". Così nel 1524 lo storico Pietro Summonte, nella ben conosciuta lettera scritta a Marc'Antonio Michiel sullo stato delle arti a Napoli, ricordava il grande Altare dell'Epifania nella Cappella Caracciolo di Vico in San Giovanni a Carbonara, di cui l'altorilievo in marmo con l'Adorazione dei Magi è l'elemento centrale, nonché punto di riferimento ed anche di arrivo per una tradizione iconografica che proprio nei primi decenni del Cinquecento trovò un interessante punto di maturazione. Precisiamo innanzitutto che i due scultori spagnoli citati da Summonte sono Bartolomé Ordonez e Dieg de Siloé, tra i maggiori esponenti internazionali di un classicismo umbratile e problematico. Nativi entrambi di Burgos, ancora giovani vennero in Italia, in Toscana e a Roma, assimilando idee e sostanza da Andrea Sansovino, Leonardo, Michelangelo, Raffaello. Nel 1517 sono documentati a Napoli, ma è certo che l'Altare di San Giovanni a Carbonara debba risalire almeno al biennio precedente. Nel '18 Ordonez è a Barcellona, impegnato nell'esecuzione del coro ligneo della Cattedrale, ma farà presto ritorno in Italia (con un altro possibile passaggio per Napoli); destino vuole che muoia prematuramente nel '20 a Carrara, dove era per la scelta dei marmi occorrenti alle diverse opere lasciate in corso dei lavori in Spagna. Invece de Siloé fa ritorno a Burgos nel '19, impegnandosi in una lunga attività in quella città, oltre che a Valladoid e a Granada, fino al 1563, anno della morte. Fermandoci ora sullo splendido rilievo dell'Adorazione dei Magi, chiariamo subito che la paternità di questo singolo pezzo spetta esclusivamente allo scalpello di Ordonez. Il pittoricismo chiaroscurale, le spezzature pungenti, l'espressività irrequieta ne fanno uno dei più bei pezzi di scultura di questo periodo tuttora presenti a Napoli. Ma è un'opera che rimanda ad altre opere, non solo per punti stilici ma anche per nessi compositivi ed iconografici. La critica di ciò si è ben resa conto da lungo tempo. Una delle prime proposte, di Adolfo Venturi, formulata ancora ai primi di questo secolo, voleva far risalire la composizione dello spagnolo al modello della grande, celeberrima tavola con l'Adorazione dei Magi di Leonardo da Vinci, non finita, ora agli Uffizi. Ipotesi suggestiva e di amplissimo respiro, ma forse troppo radicale e troppo mediata. Successivamente (ma pur sempre quasi mezzo secolo fa) Ferdinando Bologna ha inteso correggere questa opinione, indicando l'immediato precedente del rilievo di Ordonez in un'altra Adorazione, pure su tavola, opera del pittore lombardo Cesare da Sesto, databile verso il 1515-16 (ora al Museo di Capodimonte). Ma vediamo più da vicino sia il dipinto di Capodimonte che la scultura di San Giovanni a Carbonara, per meglio entrare nelle articolazioni dei nessi compositivi e psicologici relativi a questo importantissimo soggetto, così legato a tutta la tecnica presepiale. Innanzitutto chiariamo che un rapporto diretto non poté istituirsi, in quanto il quadro di Cesare fu eseguito per una Chiesa di Messina dedicata a San Niccolò e solo verso la fine del Settecento fu trasferito a Napoli. Comunque un'affinità è innegabile, segno che lo scultore spagnolo, - oltre a conoscere direttamente pensieri e modelli leonardeschi (assimilati durante il soggiorno in Toscana), veramente dovette osservare a Napoli opere analoghe di Cesare da Sesto, elementi di cerniera dunque tra le grandi suggestioni del genio di Vinci e la stessa appassionata e dinamica scena marmorea di S. Giovanni a Carbonara (è importante a questo proposito ricordare che Cesare da Sesto eseguì in quegli stessi anni un'altra grande Adorazione dei Magi, poi andata perduta, per la Chiesa napoletana di S. Arcangelo a Bajano).

Cesare De Sesto (1477-1523)  - Adorazione dei Magi (particolare)

Olio su tavola Napoli, Museo Nazionale di Capodimonte

 

Quel che è certo, tra il quadro di Capodimonte e il rilievo di Ordonez i vincoli compositivi, iconografici e psicologici esistono e rimandano effettivamente per qualche verso alla matrice leonardesca, arricchita però da consistenti innesti lessicali maturati a Roma entro, più o meno, il 1512-14 nelle opere e nelle cerchie di Raffaello e Michelangelo. Nell'Adorazione di Capodimonte l'elaborato formalismo e la sintassi compositiva introducono in un clima compiutamente rinascimentale. Le indubbie derivazioni leonardesche si addensano soprattutto nelle impostazioni del gruppo centrale, con la Madonna e il Bambino, San Giuseppe alle spalle ed un Magio inginocchiato, oltre che nelle fisionomie di alcuni personaggi, come gli stessi San Giuseppe e Madonna e i due minuscoli ritrattini in secondo piano al centro, di cui almeno quello a sinistra rimanda direttamente alle teste caricaturali di Leonardo. Ma la parte del leone è giocata dalle suggestioni classicistiche maturate dell'ambiente romano, dalla maniera ornata di Sodoma e Baldassarre Peruzzi e dai risultati di Raffaello nelle Stanze, specie nella Cacciata di Eliodoro dal Tempio. Anche la visione drammaticamente plastica della volta della Sistina di Michelangelo, scoperta nel 1512, poté fornire spunti innovatori, come i contrapposti e le torsioni delle due figure seminude dei servitori, uno inginocchiato e l'altro in piedi di spalle, rispettivamente alle estremità della tavola.

Venendo al rilievo marmoreo di S. Giovanni a Carbonara è evidente il carattere unitario della scena, oltre che per gli aspetti stilistici e compositivi anche per l'intonazione sentimentale, grazie all'intenso scambio di sguardi, gesti e moti d'animo fra i protagonisti del sacro episodio. Gli assembramenti di figure e di particolari ambientali non sono scanditi entro i vincoli stringenti della prospettiva rinascimentale, ma distribuiti, sia orizzontalmente che in profondità, secondo gruppi giustapposti e piani degradanti verso il fondo, con un effetto atmosferico alla cui resa contribuisce il modellato vibrante e scavato, rivolto all'indagine luministica delle superfici. Questo rilievo, inoltre, può presentare con la grande Adorazione di Leonardo solo delle affinità generiche, nello schema piramidale delle figure, nel gruppo dei cavalli imbizzarriti, nella voluta vaghezza dei particolari paesistici sul fondo.

Bartolomeo Ordonez

Adorazione dei Magi (particolare)

Napoli, Chiesa di San Giovanni a Carbonara Nazionale di Capodimonte

 

Direttamente a Cesare da Sesto rimandano la figura del profilo del re inginocchiato, gli elementi architettonici sullo sfondo e, come abbiamo visto, i due paggi all'estremità. Abbiamo già rilevato un rapporto diretto tra il quadro di Cesare a Capodimonte (eseguito, e ormai lo sappiamo, per Messina) ed il marmo di Ordonez a S. Giovanni a Carbonara. Ma, ancora una volta, ripetiamo la suggestiva supposizione che la perduta "cona" di Cesare per la Chiesa napoletana di S. Arcangelo a Bajano, di identico soggetto, possa essere stata l'anello mancante di questa intricata catena (e chissà se e come vi sarà apparso quel terzo re, in piedi ed al fianco di San Giuseppe, che nel nostro rilievo riproduce fedelmente le sembianze di uno degli ultimi re aragonesi di Napoli, Alfonso II). Tutte le vicende inerenti la storia dell'arte - sempre - e quasi tutte quelle relative alle passate attività umane sono all'apparenza terribilmente complicate. In genere però vale la pena di seguire i percorsi altalenanti, spesso nella sostanza assai più agevoli di quanto si possa, in un primo momento, aver temuto. In queste poche pagine abbiamo inseguito i rimandi da un'opera all'altra, le precedenze stilistiche, i modelli iconografici, anche guardando in trasparenza le più che probabili osmosi dovute agli esempi di opere (o meglio, di un'opera) non più esistente. Fra i diversi risultati che ne sono emersi fa spicco l'accentuata presenza del tema dell'Epifania nella produzione artistica a Napoli nel primo quarto del Cinquecento, tema documentato da vari altri esempi coevi in pittura e in scultura, particolarmente sentito in quel periodo della civiltà europea effimeramente attestato su splendide certezze ma già percorso dai fermenti culturali e politici che avrebbero prestissimo portato alle laceranti esperienze dello scisma di Lutero e del Sacco di Roma. Tema infine carissimo a quanti, ancora oggi, avvertono la bellezza insita nel trepidante omaggio rivolto da tre antichi sapienti ad un - ancora piccolo - Salvatore, forse tanto interessato al momento del destino dell'umanità quanto lo era dell'affettuoso abbraccio dei propri genitori.