"
 

Anno 1 - n.1 - Dicembre 2000

 

Origini della iconografia presepiale

 

a parola p r e s e p i o deriva dal latino praesepe che vuol dire mangiatoia, greppia, e trova le sue radici nel vangelo di Luca, dove si legge che, nato Gesù, Maria « reclinavit eum in praesepio ». Tutto il racconto di Luca sta alla base del presepio, onde conviene leggere attentamente questo testo:  

In questo racconto troviamo riferimenti precisi alla mangiatoia, al Bambino avvolto in fasce tra Maria e Giuseppe, agli angeli osannanti, all'angelo che di notte annunziò ai pastori il grande evento, all'an­data dei pastori a Betlemme. In questo vangelo, scritto da Luca tra il 65 e il 70, non troviamo però accenno all'adorazione dei Magi. Ne parla diffusa­mente Matteo, il cui testo originale aramaico fu pubblicato tra gli anni 40 e 50. Ecco il racconto di Matteo:  

A questo punto ci chiediamo: perché sul presepio troviamo più la grotta che la stalla?  Perché l'asino e il bue, dei quali non si parla nei vangeli? Donde i nomi di Gaspare, Melchiorre e Baldassarre taciuti da Matteo nel raccontare il viaggio dei magi? E perché la tradizione presepiale cinge di corona reale il capo dei magi? Perché, infine, Giuseppe strin­ge una verga fiorita? A questi interrogativi rispon­dono i vangeli apocrifi cioè quegli scritti dei primi secoli dell'era cristiana che, pur offrendo notizie sulla vita e dottrina di Cristo, dalla Chiesa non sono stati inclusi nel canone dei libri ispirati o perché leggen­dari o perché settari. Si direbbe che gli autori dei vangeli leggendari non ebbero altro fine che soddi­sfare la pia curiosità dei primi cristiani desiderosi di conoscere per filo e per segno la vita di Gesù e della Madonna. Le loro intenzioni non furono cat­tive, quasi incoraggiati dalle parole dell'evangelista Giovanni: « Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro ». E poi: « Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesú, che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere » (Gio­vanni, XX, 30 e XXI, 25). Dunque, si sentirono quasi autorizzati a scrivere delle aggiunte ai vangeli.

I vangeli leggendari interessano per lo più la nascita, l'infanzia e la morte di Gesù. Sono: il Pro­tovangelo di Giacomo, o semplicemente Libro di Giacomo o Storia della natività di Maria; il Transi­tus Mariae (tratta della morte della Madonna); la Storia di Giuseppe il falegname, un testo probabilmente del sec. IV, scritto in copto e in arabo, il cui originale era forse greco.

Lo storico delle civiltà occidentali non può trascurare i vangeli aprocrifi, ha scritto Daniel-Rops: « essi hanno, infatti, lasciato una traccia profonda nel costume e nella liturgia, nella letteratura e nel­l'arte ». E bisogna tenerne conto specialmente nello studio dell'iconografia presepiale perché forniscono dati per nulla disprezzabili, nel senso che elementi autentici della tradizione potrebbero essere confluiti in quei testi. L'abate Migne (1800-1875), il famoso editore della Patrologia, scrisse: « Ignorare gli Apocrifi significa rinunciare a scoprire le origini dell'arte cristiana. Essi sono le fonti dalle quali, dall'estinzione del paganesimo, gli artisti hanno attinto quella vasta gamma di simboli che il medio evo amplificherà. Il Protovangelo, l'Evangelo di Nicodemo, la Leggen­da aurea e lo Speculum maius del filosofo teologo domenicano Vincenzo di Beauvais ( 1264) fornirono, infatti, ad artisti e fedeli dei secoli passati curiosi episodi sulla vita di Maria Vergine e sulla nascita ed infanzia di Gesù.

Stralcerò alcuni brani da Gli Evangeli apocrift (Massimo editore, Milano 1979, terza edizione, testi scelti e tradotti da F. Amiot) perché il lettore si renda conto dell'influenza esercitata da questi testi sull'arte cristiana antica e particolarmente sulla raffi­gurazione del presepe.