"
Anno 8  n.3  Dicembre 2008
 
 

C'era una volta .......

 

 C'era una volta una città magica, dove la miseria era di casa, ma dove il sole insegnava mille rimedi per sfuggire all'angoscia dell'esistenza.

Immagine del cosmo, con tutto il dolore, la bellezza, l'amore che è nel cosmo.

Dove un monumento ad una divinità maschile poteva essere creduto un corpo di donna.

Una città che sulle spoglie di una morta Sirena aveva innalzato un inno alla vita.

Dove si spiegava tutta la potenza di Maia e gli uomini, guardando allo specchio, potevano cogliere nel proprio volto l'orrendo sorriso del Signore Dioniso.

E c'era una volta in questa città una cappella nascosta in un vicolo, dove da tempo non si diceva più messa, perché lì un principe stregone aveva compiuto i suoi esperimenti, si diceva con l'aiuto di chi è meglio non chiamare per nome. Ed era morto, come già il mago Virgilio, nell'orribile tentativo di conquistare l'immortalità.
Fu questione di un attimo solo. L'istante perduto vale un'eternità tutta intera.
La scienza e la follia, l'arte e l'immortalità.

Il velo e la rete

Eppure, se volete sapere, dovete avere soltanto il coraggio di guardare quello che avete dinanzi agli occhi.

Città a più livelli, dove dalla luce del giorno passi alle profonde tenebre del grembo materno.
Che cosa avrebbe potuto partorire questa città dolente, se il bisturi dell'ingegnere non l'avesse ogni volta ferita?
Lo sanno anch'essi che una città è una donna. Marianna a capa e' Napule.
E per questo la sventrano.

La fontana di Spinacorona: anch'io come Ulisse.
Ma i Napoletani, per lei, hanno un nome più poetico ancora.
E c'era una volta, in questa città, una strada che la tagliava in due parti. Una strada piena di antichi e recenti ricordi.
Nerone e gli Alessandrini.
Virgilio e il cavallo fatato.
Diomede Carafa e la rivolta di Masaniello. Bernardina Pisa maritata d'Amalfi.
La casa di S. Gennaro e quella di Giambattista Vico.
La leggenda e la storia, la santità e la scienza, le ampolle del sangue e il torchio del libraio.
La Provvidenza ed il Caso.

E il tessere incessante di Maia

E c'era una strada che incrociava Spaccanapoli e in cui la materia informe prendeva mille forme, dove Vergini Sorelle venute dall'Oriente, oh! come i Magi, continuavano la tradizione di una divinità pagana.
Il grano odoroso di Demetra e le sfogliate di S. Patrizia. Ma conta poi tanto chiamarsi pagani o cristiani?
Non amiamo tutti la madre e non mangiamo tutti del pane? Il pane ed il vino: Demetra e Dioniso.
E l'ultima cena del Signore Gesù: il vino ed il pane.


E c'era una volta, in questa strada che ricordava nel nome Vergini Sorelle venute dall'Armenia lontana, c'era una volta un uomo che all'informe materia sapeva dare la vita. E che, sulla sua mensa non sempre aveva il pane ed il vino. Ma nelle sue mani aveva il dono dell'arte
Sotto le sue agili dita un pezzo di creta, sì, proprio quella che si raccoglie lungo i torrenti, diventava una testa, un cavallo, dei re Magi, oppure un Angelo.
O un viso di Madonna.
Non sapeva di filosofia, ma da uno come lui Aristotele apprese il divenire del Cosmo.
E sulla terra creava il Paradiso, con Santi e Madonne: e alle Madonne dava il volto di sua moglie.
E ad angioletti e piccole Sante, dava il volto dei suoi figli.

 
arte sacra

arte sacra

arte sacra arte sacra
arte sacra

arte sacra

  arte sacra


E c'era il più piccolo tra i figli, una peste. Il più capriccioso, testardo e permaloso, proprio perché il più coccolato da tutti.
E aveva un pochino di invidia per il fratello più grande, che portava lo stesso nome del padre e che come suo padre sapeva fare con la creta tante cose belle.

Lui invece non sapeva fare che guai.
Ma pure, le cose andavano bene, perché tutti insieme era bello: il padre, la madre, le due sorelle, il fratello e poi lui, il bambino adorato da tutti.
E che bello vedere suo padre che faceva quelle splendide cose.
E poi, suo padre, senza aver letto molti libri, sapeva le cose che hanno davvero importanza.

Sibulla, ti qeleis; apoqanein qelw

       Sibylla, tì théleis? Apothànein thélo

Aveva sei anni il bambino, quando per la prima volta contò gli anni che gli restavano ancora; e calcolò: cento meno sei fanno novantaquattro: appena!
Non sapeva che sarebbe venuto un giorno in cui gli anni che aveva davanti gli sarebbero sembrati casi tanti, da fargli desiderare di bruciarli in una sola fiammata.
Ma quella volta ebbe paura. E andò dal suo babbo: "Papà, che succede ad uno, quando si muore?"
E il papà gli parlò dell'inferno per i malvagi, ma per i buoni, per quelli che vivono onesti, gli disse che invece c'era ad attenderli il Paradiso.
E il bambino si rassicurò: sì, il suo papà, senza aver letto dei libri, sapeva le cose che sono importanti davvero.
E la domenica il babbo lo accompagnava a vedere la cappella del principe stregone. E il padre allora si faceva piccolo come il suo bambino, di fronte al Cristo velato del Sammartino.
Gli scheletri con le vene e le arterie: ma la mano del babbo dava fiducia.

ET EMISIT EVM DOMINVS DE PARADISO VOLVPTATIS


Si dice che l'infanzia è un paradiso terrestre; per il nostro bambino questo era vero alla lettera.
Quanti santi!
Monaci con cappuccio e bastone, Vescovi con Mitra e Pastorale. San Rocco e il cane che gli porta del pane.
Santa Lucia con la palma e gli occhi nel piatto.
San Biagio e il bambino che egli salva dalla spina di pesce.
E poi Angeli ed Arcangeli, Cherubini e Serafini.
E soprattutto Madonne, che chissà perché somigliavano tutte a sua madre.
Per tutti i bambini il padre è un dio; e per il nostro bambino questo era vero due volte; tanto più che un giorno, in chiesa, aveva udito dire che Nostro Signore, per fare l'uomo, aveva preso il fango della terra, vale a dire, della comunissima creta.
"Proprio come papà" pensò il bambino; e il suo amore per il padre crebbe, perché anche Domineddio aveva dovuto prendere esempio da lui.
E un giorno sentì dire che, quando il Signore si fu pentito di aver fatto l'uomo, mandò giù il diluvio e disfece l'opera delle sue mani.
"To', proprio come papà!" pensò ancora il bambino. Perché, quando suo padre non era contento del proprio lavoro, lo immergeva nell'acqua e così recuperava la creta.
E se nostro Signore non si era contentato del tutto della sua opera e alla fine aveva dovuto lasciarla com'era (perbacco, l'uomo, meglio di così, proprio non gli veniva!) il nostro bambino non ne era stupito: neanche suo padre era soddisfatto sovente di ciò che faceva.
Anzi, a dire il vero, non lo era mai.
Il bambino, a quel tempo, non sapeva ancora che la materia è sorda all’intenzioni del'arte e non capiva perché suo padre fosse tanto severo con cose che lasciavano a bocca aperta tutti gli altri che nelle mani non avevano lo stesso dono divino.
Però, ad onore di quest'uomo si deve dire una cosa: soddisfatto non era, però si limitava a scuotere il capo; nessuno lo vide mai prendere a martellate una sua statua, perché non voleva parlare (è forse per questa pazienza mostrata da suo padre che il bambino, quando da adulto andò ad insegnare, non provò mai l'impulso di dare martellate agli studenti che non volevano dire una sola parola).
Il bambino sapeva che c'era gente più fortunata, che aveva denaro, che poteva comprarsi le scarpe e i vestiti, e che tutti i giorni sulla tavola aveva non solo il pane ed il vino.
Ma era sempre meglio suo padre.

Che importa il denaro? Fare soldi è da tutti, ma dare un volto a Santi e Madonne lo sapeva fare suo padre soltanto.
Il bambino allora non sapeva di avere già scelto una volta per tutte e che agli occhi del mondo aveva perduto per sempre.
Ma che importava? Lui poteva vedere già su questa terra l'Eterno Padre, con il Figlio alla destra e lo Spirito Santo, incoronare la Vergine Assunta.
Lui poteva giocare con la spada di S. Michele ("Chi come Dio?" gli spiegava suo padre) e poteva farsi beffe perfino del Tentatore e cacciargli un dito nell'occhio; tanto, a tenerlo a bada ci pensava l'Arcangelo.
Gli Arcangeli erano sette. Ma solo di tre se ne sapeva il nome.
Michele. Chi come Dio?
Gabriele. La forza di Dio.
Raffaele. La medicina di Dio.
Poi, come nell'antico mito, avvenne la cacciata dal Paradiso.
Il papà ed il fratello più grande andarono insieme a vedere come fosse davvero il volto dell'Eterno Padre e a parlare con la Vergine Assunta.

E lui rimase invece quaggiù, con le due sorelle e la madre, che ormai somigliava alla Madonna dei Sette Dolori.
Non più Angeli e Santi, in un'esistenza sempre più profana e profanata, ma lui rimase a sognare Madonne.

Si accorse che il mondo aveva fatto morire l'Eterno Padre per un pugno di mosche, nell'abitudine di mettere ad ogni cosa il cartellino col prezzo.
E vide Esaù vendere la sua primogenitura per un piatto di lenticchie e Giuda per trenta denari tradire Gesù, nelle strade e nei vicoli della sua città che perdeva ogni giorno un po' della sua magia.

Che altro poteva diventare, da adulto, se non un raccoglitore di libri, se non un narratore di miti?