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Anno 7  n.2  Dicembre 2007
 
 

                                              Natale 2007

 

Cari Lettori,

ben sette anni fa, nel dicembre del 2000, apparve il primo numero della nostra rivista multimediale. Scorrendo l’indice tematico in testa all’archivio, siamo colti da due sentimenti contrastanti: un po’ di, crediamo legittima, soddisfazione per quanto è stato compiuto, per la varietà degli argomenti, per la ricchezza e, qualche volta, per l’originalità degli spunti offerti. Ma, d’altro canto, per onestà intellettuale, non possiamo nascondere un certo imbarazzo per le tematiche aperte e lasciate sospese, per la lunga interruzione che è durata purtroppo un intero anno solare: l’ultimo articolo risale, infatti, al dicembre del 2006, quando commentammo la versione napoletana del cantico natalizio di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori. Un’interruzione che ci pesa tanto più, quanto maggiori sono le soddisfazioni che in questi sette anni ci sono provenute dalla vostra simpatia e dalla lettura attenta, testimoniata da domande e richieste, cui ci siamo adoperati a rispondere nel migliore dei modi. Purtroppo, non siamo ancora riusciti a creare intorno a noi un vero e proprio gruppo di ricerca, che possa sopperire ai momenti di difficoltà, o anche di semplice stanchezza, che possono sorprendere ognuno di noi. In realtà siamo in pochi a condurre questo lavoro, in pratica tre: il nostro Direttore Guido di Lorenzo, il vostro devotissimo sottoscritto e il giovane Mario che conduce la parte tecnica.

Malgrado le difficoltà, la nostra voce è arrivata lontano, a tenere viva la passione per il presepe, una delle forme d’arte più popolari e diffuse, perché, come abbiamo spesso tentato di chiarire, affonda le sue radici in un immaginario collettivo e suscita emozioni, desta echi profondi, anche in chi non è credente. L’uomo adulto, abbiamo detto, può smettere di giocare ai soldatini, non smette di costruire, a Natale, il Presepe. E, sempre come abbiamo detto più volte, non è nemmeno necessario avere doti artistiche particolari per “fare il presepe”: anche una semplice tavoletta, coperta di muschio, su cui siano poggiati i “pastori” che compongono il cosiddetto “mistero” (il Bimbo tra la Madonna e San Giuseppe, riscaldato dal fiato del bue e dell’asinello, cullato dal suono delle zampogne, con l’Angelo che proclama “Gloria a Dio e pace agli uomini), è uno spettacolo del quale non si può negare la bellezza. Se poi si sanno mettere al servizio di questa bellissima rappresentazione le proprie capacità manuali, tecniche, artistiche, allora si ottengono dei risultati che riempiono di giusto orgoglio.

Tra le lettere che ci hanno dato maggiore piacere c’è stata quella di un religioso del convento di Nostra Signora del Monte Carmelo a Beiruth, in Libano. In quella terra straziata da conflitti d’ogni genere, frate Koubrianos (in italiano Cipriano) ha pensato di costruire un presepe napoletano. Non so se i pochi consigli che ho potuto dargli gli siano stati utili; certo è che a fine novembre aveva terminato il sacro gruppo e procedeva nell’allestimento. Mi ha promesso di inviarmi le foto del presepe, una volta completato. Appena le avrò, le pubblicheremo nella nostra rivista, così che tutti possiate ammirare l’opera che frate Koubrianos porta avanti per contribuire alla pacificazione di quella terra tormentata. Perché nulla come il presepe è segno di pace e di speranza.

Infine, per riannodare le fila del nostro dialogo, vi propongo l’immagine di un Bambino Gesù a grandezza quasi naturale che mio padre Vincenzo creò intono al 1952 per un convento di suore oggi non più esistente. È un’immagine che mi è molto cara, perché credo corrisponda in pieno a quella che dovrebbe essere la figura tradizionale di Gesù Bambino, nella quale la tenerezza che desta l’innocenza del bimbo felicemente si unisce alla venerazione che ispira la Maestà Divina.

  

 Italo Sarcone

Ventuno dicembre duemilasette, solstizio d’inverno