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Anno 5 - n.1 - Gennaio 2005
 
 

Natività mistica (1501) SANDRO BOTTICELLI (1445- 1510)

 

      

L'opera di Botticelli, comprata all'asta dei beni di Villa Aldobrandini a Roma ai primi dell'Ottocento da W. Y. Ottley, entrò nel 1851 nella collezione di Fuller Maitland (Stansted Hall, Essex) e da qui pervenne alla National Gallery di Londra nel 1878.
Essa appartiene all'ultima fase dell'attività del pittore che, anche a ricordo del Vasari, aveva accentuato il suo spirito "sofistico" ed era diventato un seguace del Savonarola. Forse proprio le predicazioni del Savonarola ispirarono il carattere ascetico e di profonda riflessione sulla fede che denota il dipinto in questione. Il tema della nascita di Cristo qui si unisce a quello della grazia divina che trasfigura tutto l'universo, secondo una tematica presente appunto nelle prediche del frate. Il tono della composizione appare infatti ben lontano dalle realizzazioni del periodo mediceo e sembra esprimere proprio la profonda crisi seguita alla caduta degli ideali dei quali quel mondo appariva l'incarnazione. 
Accanto ai cartigli con le scritte "Gloria in excelsis Deo" e "Pax hominibus", riferibili al Vangelo di Luca, la tela reca sulla parte alta, in tre righi, un'epigrafe in greco in cui si accenna ai "torbidi d'Italia" che possono essere ricondotti ai moti che a Firenze seguirono la morte di Lorenzo il Magnifico, alla calata dei francesi o all'assedio di Faenza del 1501 ad opera di Cesare Borgia che rappresentava, dunque, una vera minaccia per tutta la Toscana. L'epigrafe cita così: "Questo dipinto, sulla fine dell'anno 1500, durante i torbidi d'Italia, io, Alessandro, dipinsi nel mezzo tempo dopo il tempo, secondo l'XI di san Giovanni nel secondo dolore dell'Apocalisse, nella liberazione di tre anni e mezzo del Diavolo; poi sarà incatenato nel XII e lo vedremo (abrasione che si è soliti integrare con precipitato o calpestato) come nel presente dipinto". Il riferimento all' "Apocalisse" circa il secondo dolore del capitolo XI è stato inteso in relazione alla profezia, presente in tale punto del testo, della sottomissione della città santa ai Gentili per quarantadue mesi, mentre nel capitolo XII appare chiaramente espressa la previsione della caduta di Satana con i suoi angeli sulla terra. Nello stesso capitolo XII dell' "Apocalisse" compare l'espressione "per un tempo, due tempi e la metà di un tempo", interpretata dal Savonarola, nella sua "Vulgata", come "un anno e due anni e la metà di un anno" e ripresa nella scritta botticelliana come "nel mezzo tempo dopo il tempo" . Anche se la critica appare discorde nel ritenere che nella "Natività" sia riscontrabile un preciso riferimento al Savonarola, in essa,tuttavia, risulta, quale evidente ripresa delle idee del frate, quella relativa alla profezia della liberazione dell'umanità dai disastri in cui era precipitata dopo l'avvento dell'Anticristo, come i torbidi politici suddetti e la condanna del Savonarola stesso. 
La "Natività", dunque, appare qui intesa come il trionfo della divinità , ch'è configurato, nella parte alta del quadro, dalla danza degli angeli osannanti sullo sfondo di un disco d'oro allusivo alla luce divina, mentre in basso l'abbraccio tra le creature angeliche e gli uomini simboleggia il ritorno sulla retta via dell'umanità intera, un ritorno che comporta la fuga dei diavoli nelle voragini della terra. La centralità dell'episodio della natività, che si svolge all'interno di una grotta-capanna, ai lati della quale si scorgono pastori ed angeli adoranti,viene ottenuta dall'artista mediante il duplice artificio dell'adozione di una prospettiva gerarchica di ricordo medioevale, molto aderente alla spiritualità ascetica che ispira il dipinto, e dell'abbandono del tradizionale corteo che si snoda lungo il sentiero montuoso, un'iconografia ,quest'ultima, che spesso prevedeva il discentramento dell'immagine principale. 
Del resto, tornando al parallelo esistente tra l'immagine botticelliana e le idee del Savonarola, sorge spontaneo il riferimento alle omelie natalizie pronunziate dal frate nel 1493 e nel 1494 a Firenze, omelie nelle quali egli incitava i fiorentini a rendere Firenze una novella Nazareth, riunendosi spiritualmente intorno alla sacra capanna dove la Madonna accudiva il bambino aiutata da tre fanciulle identificabili come le virtù teologali. Le tre fanciulle sono rappresentate due volte nel dipinto di Botticelli, sia sotto forma dei tre angeli posti sul tetto della capanna sia nelle altre tre figure angeliche presenti in basso che appaiono tutte panneggiate di drappi cromaticamente allusivi ai tre colori delle virtù teologali, il bianco per la fede, il verde per la speranza, il rosso per la carità. Del resto anche la presenza delle banderuole con le litanie e delle corone d'oro pendenti dai rami d'ulivo, che a loro volta sono simbolo di pace, appaiono riferibili alle sacre rappresentazioni che il Savonarola organizzava in quegli anni.
Mentre Leonardo da Vinci, tornato a Firenze nel 1500, sottoponeva il reale alla sua accurata indagine scientifica, Botticelli, con il suo dipinto, ammoniva l'umanità a ritornare ai valori spirituali del passato, abbandonando le vie del demonio, e con esse i raggiungimenti pittorici dei suoi tempi, dalla prospettiva matematica alla proporzionalità delle forme, al controllo armonico del moto e delle masse, per tornare al nervoso grafismo di una linea vorticosa di ricordo gotico. 

Simonetta De Marinis