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Anno3 - n.6 - Dicembre 2003
 

LA PROCIDANA

Del patrimonio dei costumi della tradizione popolare oggi non resta molto, essendo ormai quasi del tutto scomparsi dall’uso quotidiano.

Alcuni preziosi esemplari sono gelosamente custoditi dai discendenti delle famiglie patrizie dell’isola ed indossati in occasione della “Sagra del Mare” per l’elezione  della “Graziella”, l’indigena resa famosa dall’omonimo romanzo di Alphonse Prat comte de Lamartine.

Particolarmente interessante è il costume femminile, di origini greco-andaluse che, pur nella sua semplicità di taglio, dimostra eleganza e sobrietà per l’accostamento dei colori, per la ricchezza dei ricami e la varietà dei tessuti.

Il costume è formato da una semplice camicia di lino o tela d’Olanda, con arricciatura al petto, alle maniche e alle spalle, detta “pettiera”.

Su questa viene posta una veste intera “ il rubretto”, cinta in vita, molto ampia, che scende fino alle caviglie e funge da sottoveste.

La parte superiore è solitamente di raso o seta rossa, riccamente ricamata in ore zecchino; il punto vita è segnato dal “corpetto”, fascetta con tiranti che fa le veci del busto. La gemella, “vunnedda”, ricopre la parte sottostante del rubretto, lasciando fuoriuscire dall’orlo, “linzo”, circa due centimetri della “perea” (balza).

Sulla gonnella si poggia il “mantesino” (grembiule) di tela color caffè lungo quasi quanto la gonnella, rovesciato nella parte superiore e allacciato in vita da due cordoni le cui estremità pendono ai fianchi.

Il collo è adornato da un fazzoletto di tela ricamata con una ricca frangia, “moccaturo”; impuntato al petto da una spilla d’oro. I capelli sono raccolti in una cuffia di seta rossa lavorata all’uncinetto e sulla cuffia un fazzoletto di raso paglino, bianco o celeste, “crespo”, fissato alla cuffia ed ai capelli da uno spillone d’oro.

Una menzione particolare, infine, merita la “zimarra” o “cappottino”, il tipico soprabito di seta impunturato d’oro, con cinque bottoni a chiudere il polso, da indossare nelle occasioni sociali di maggior rappresentanza: giallo quello indossato ai matrimoni, verde ai funerali, rosso ai battesimi, occasione in cui era solitamente accompagnato anche dal “cuntrieddo”, copertina per il neonato, realizzato con lo stesso taglio di tessuto, come ricorda Vittorio Parascandola, esimio studioso della cultura popolare procidana. Ai piedi i “papusci”, scarpette di satin.

E’ proprio la varietà e la policromia di tale costume che nei secoli ha attratto viaggiatori e pittori per ammirare e ritrarre la bellezza.

 

Rossella Parascandola