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Anno3 - n.5 - Luglio 2003
 

TRA TERRA E SOLE

 

Il pianeta Terra compie due movimenti fondamentali: la rivoluzione e la rotazione; in realtà l’attrazione gravitazionale degli altri corpi celesti del Sistema solare provoca sul nostro pianeta altre variazioni di posizione, le quali assumono rilevanza sensibile solo dopo alcuni millenni: questi sono appunto detti moti millenari, di cui accenneremo solo qualcosa.

La rivoluzione è il movimento che la Terra compie intorno al Sole percorrendo un’orbita ellittica - in cui la stella occupa uno dei due fuochi - ed è responsabile del succedersi delle stagioni; grazie alla rotazione (che il pianeta compie intorno al proprio asse da occidente a oriente), invece, si verifica l’alternarsi del dì e della notte.

Una fondamentale peculiarità della Terra è, inoltre, quella di avere l’asse inclinato rispetto al piano dell’orbita: l’angolazione è, rispetto ad esso, pari a 66°33’. E’importantissimo anche il fatto che l’asse terrestre si mantenga costantemente parallelo a se stesso.

Se l’asse fosse perpendicolare al piano di rivoluzione, infatti, avremmo un’alternanza del giorno e della notte costante: durerebbero sempre 12h l’uno e 12h l’altra; parallelamente non ci sarebbero più le stagioni, dal momento che i cambiamenti climatici nel nostro pianeta sono dovuti proprio alla diversa inclinazione di incidenza dei raggi solari con la superficie terrestre.

E’credenza comune ritenere che i momenti in cui la Terra si trova più vicina al Sole siano i più caldi dell’anno e, viceversa, quelli in cui la Terra si trova più lontana siano i più freddi. La differenza delle distanze dalla stella del nostro Sistema è praticamente irrilevante ai fini dello studio dei processi che stiamo affrontando: basti pensare che il pianeta si trova in afelio, cioè a distanza massima dal Sole (152 milioni di Km circa), ai primi di luglio, e in perielio, a distanza minima (147 mln di Km), ai primi di gennaio. Ciò che conta, giova ricordarlo, è esclusivamente l’inclinazione dell’asse terrestre.

L’anno corrisponde ad un tempo piuttosto variabile a seconda degli elementi che sono presi in considerazione: distinguiamo, così, l’anno sidereo e l’anno tropico (o solare). Per anno sidereo si intende il periodo della rivoluzione terrestre, ovvero il tempo che intercorre tra due stesse posizioni del sole tra le stelle; la sua durata è di 365d6h9m10s. L’anno tropico, invece, corrisponde all’intervallo di tempo tra due passaggi successivi del Sole allo Zenit (cioè con i raggi perpendicolari) dello stesso tropico, cioè fra due solstizi (o due equinozi) dello stesso nome. Esso dura 365d5h48m46s. La differenza con l’anno sidereo, come si vede, è di circa 20 minuti: questa diminuzione è dovuta alla precessione degli equinozi, uno dei cosiddetti movimenti millenari, che consiste in un’annuale “anticipazione” dei fenomeni equinoziali, appunto, di circa 20 minuti. Tale anticipazione è a sua volta dovuta al fatto che l’asse terrestre non resta perfettamente parallelo a se stesso, ma compie un giro ogni 26000 anni (20 minuti  equivalgono, infatti ad 1\26000 di anno). Pertanto mutano, mutando la posizione della perpendicolare all’asse, ovvero l’Equatore, i punti di intersezione con il piano dell’Eclittica, corrispondenti alle posizioni del pianeta in cui si verificano gli equinozi.

Concludendo il discorso sulla definizione di anno, è opportuno ricordare che per ovviare a tutti questi inconvenienti, si fa riferimento all’anno solare, perché esso ci indica il succedersi delle stagioni, cui sono collegati molti fenomeni biologici, nonché innumerevoli attività umane (come l’agricoltura); tuttavia è stata inserita una nuova “grandezza”: l’anno civile, che ha una durata, convenzionalmente accettata, di 365 giorni esatti.

Abbiamo ora introdotto due nuovi termini, solstizio ed equinozio, i quali corrispondono ad importantissime posizioni che la Terra assume rispetto al Sole in quattro diversi momenti dell’anno solare (in un anno si verificano, infatti, due equinozi e due solstizi). In fig.1 ne abbiamo una prima, schematica illustrazione.  

Fig. 1 Rappresentazione dell'anno solare, mettendo in risalto il succedersi 

delle stagioni rispetto alle posizioni A, B, C, D.

 

Ma passiamo ora ad analizzare queste quattro posizioni: come affermato nella didascalia dell’immagine, ognuna di esse dà inizio ad una stagione.

Fig.2

La posizione A e la posizione C corrispondono ai due equinozi: in entrambi i momenti i raggi solari sono perpendicolari all’Equatore  (allo Zenit) e tangenti ai poli. Come  suddetto, astronomicamente accade che il piano dell’Eclittica si intersechi con quello dell’Equatore celeste. Gli equinozi sono giorni in cui il dì e la notte hanno la stessa durata, e ciò avviene in tutti i punti della Terra. Ma all’Equatore questo fenomeno si verifica per tutto l’anno, ovvero il giorno e la notte durano sempre 12h. 

 All’inizio dell’articolo abbiamo detto  che la temperatura del pianeta dipende dall’angolo di incidenza tra la superficie e i raggi del sole: se questi sono perpendicolari, il calore sarà massimo; appare dunque evidente, in tal caso, che il riscaldamento ha valori più alti a 0° di latitudine e diminuisce con l’aumentare di essa. Occorre a questo punto precisare altri concetti, quello di latitudine e di           longitudine e, ancor prima, di paralleli e meridiani: i paralleli sono “linee” immaginarie date dall’intersezione della superficie terrestre con piani perpendicolari all’asse non passanti per il centro (qui infatti abbiamo l’Equatore, che è una circonferenza massima); la latitudine corrisponde alla distanza angolare di un punto dall’Equatore, si misura in gradi e può essere Nord o Sud, a seconda della posizione rispetto all’Equatore. I meridiani sono invece semicirconferenze generate da piani contenenti l’asse terrestre, e perciò perpendicolari al parallelo 0; analogamente, la longitudine corrisponde alla distanza angolare dal meridiano 0, che, per convenzione, è quello in corrispondenza del meridiano di Greenwich.  Ovviamente possiamo avere una longitudine Est oppure Ovest. 

Gli equinozi dànno inizio, come indica il loro nome, alle stagioni della primavera e dell’autunno, le quali si concluderanno rispettivamente con i solstizi d’estate e d’inverno, momento d’inizio delle relative stagioni. I solstizi, dunque, sono quei due giorni dell’anno in cui è massima la differenza tra le ore di luce rispetto a quelle di buio. Da un punto di vista astronomico in queste date il piano equatoriale terrestre si trova nei punti di massima elevazione a Nord e a Sud rispetto al Sole.             

Fig.3

Il solstizio d’estate (Fig 4) si verifica il 21 giugno. In questa data i raggi del Sole sono perpendicolari al Tropico del Cancro. Pertanto sì ha una maggiore inten-sità di riscaldamento nell’emisfero boreale, dove comincia l’ esta-te. Inoltre il 21 giugno è il giorno in cui è più “lungo” il periodo di luce (il Sole, in Italia, tramonta dopo le 21); 

 

 

 

 

al contrario, in quello australe comincia l’inverno, poiché ivi il tempo di luminosità raggiunge il suo valo-re minimo. Il completo opposto avviene nel  solstizio d’inverno (Fig.5).                         

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fig. 4                                            

                        Fig.5

 I raggi solari sono ora allo Zenit rispetto al T.del Capricorno: inizia l’ estate nell’ emisfero australe, mentre da noi cade il giorno col minor numero di ore di luce (il Sole tramonta alle 17 circa).

Interessante è, infine, il caso dei Poli: qui ha luogo il cosiddetto “gran dì” che ha inizio e fine ai due equinozi e dura sei mesi.        

 
Michele Martone