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Anno3 - n.2 - Febbraio 2003
 

DAI RITI PAGANI ALLE FESTIVITA' CRISTIANE

Cari Lettori,

se non avete riposto il vostro presepe la sera del sei gennaio, potete farlo oggi, due febbraio, o anche domani, festa di San Biagio.

Infatti, le date tradizionali per togliere il presepe, allestito a fine novembre dell’anno precedente, sono il sei gennaio, Epifania del Signore, il diciassette gennaio, festa di Sant’Antonio Abate, o il tre febbraio, festa di San Biagio: sono tutte ricorrenze che onorano dei Santi "vecchi", così come in prossimità del Natale si onorarono dei Santi "giovani" (Santo Stefano, i SS. Innocenti, San Giovanni Evangelista). 

Non sono fatti casuali: il Cristianesimo, soppiantando le ormai logore religioni pagane, non ha abolito le antiche festività della natura, in cui si ritualizzava il passaggio dall’anno vecchio all’anno nuovo e il risvegliarsi delle potenze generatrici della natura stessa dopo il letargo dei mesi invernali, ma ha dato loro un diverso significato, trasponendo la lotta tra il bene e il male dal piano fisico (bene è ciò che dà la vita, male ciò che alla vita si oppone) al piano dello spirito, in cui bene e male sono concepiti in una dimensione etica.

In particolare, il mese di febbraio era, presso gli antichi Greci e Romani, posto sotto il segno di una particolare cautela: le forze primaverili stanno per risvegliarsi, ma il gelo è ancora in agguato: era allora posta in atto tutta una serie di rituali per scongiurare i pericoli connessi sia alla nascita della vegetazione novella, sia alla contaminazione per il ritorno delle anime dei trapassati le quali, all’aprirsi del grembo della terra, lasciavano la loro dimora sotterranea e venivano a visitare le regioni dei vivi:: il mese di febbraio (februarius, in latino) prende il nome dai riti di "purificazione" (lat. februum) necessari a preservare i vivi da questo ritorno, che contaminava, ma che era anche necessario per garantire la fecondità delle donne e della terra stessa.

 

Questo complesso di significati trova espressione sul presepe popolare napoletano nella triade costituita dal cacciatore, dal pescatore e dalla lavandaia; si tratta di tre personaggi che, come abbiamo già accennato, non possono mancare su un presepe tradizionale. 


La figura della lavandaia, in particolare, è interessante: essa appare nelle scene della Natività come "levatrice": lavandaia e "levatrice" hanno un evidente significato di "purificazione".


Nel prossimo numero, un articolo della dott.ssa Assante analizzerà delle pitture in cui compare la figura della levatrice, mentre io continuerò a parlarti del presepe e dei suoi personaggi: in particolare di san Giuseppe; dedicherò dello spazio anche alla figura di San Biagio, che non è estranea, come abbiamo visto, al nostro discorso; continuerò, amici Lettori, a parlarvi sempre in questa mia maniera un po’ desultoria, che qualcuno potrebbe anche ritenere discontinua, ma che spero non vi spiaccia, perché conferisce al mio affabulare il carattere vero e proprio di una conversazione tra amici. 

In questo numero, per approfondire quello che ho sommariamente scritto nell’editoriale, vi propongo una pagina del mio vecchio libro In Limine, che rappresenta per me una tappa fondamentale nelle mie riflessioni.

 

Italo Sarcone