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Anno2 - n.3 - Giugno 2002
 

 

I PERSONAGGI DEL PRESEPE: BENINO

 

 

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All’inizio del percorso presepiale, un personaggio attira subito l’attenzione, commovente per la sua giovane età e per l’atteggiamento: disteso su un umile giaciglio di erbe, con un braccio ripiegato a sorreggere la testa rovesciata all’indietro, un pastorello si abbandona alla dolcezza del sonno; accanto, le pecorelle pascolano mansuete, formando, con il dormiente, un quadretto idilliaco, che fonde insieme l’arte della poesia pastorale antica e la semplicità della pagina evangelica, ben più profonda e ben altrimenti consapevole.

La scenetta è seducente, qualunque sia il grado di cultura di colui che la contempla.

Per la persona che sa di greco e di latino vengono subito alla mente i nomi famosi di Teocrito e di Virgilio; di quest’ultimo, soprattutto il verso iniziale della prima bucolica, Títyre, tú patulaé recubáns sub tégmine fági …, riaffiorerà tra i ricordi di scuola. Ricorderà, costui, che Virgilio visse a Napoli e che qui fu sepolto, si dice presso l’ingresso della grotta che conduceva a Pozzuoli; se ha poi letto il libro del grande filologo Domenico Comparetti, Virgilio nel Medioevo, gli torneranno alla mente tutte le leggende che a Napoli erano diffuse su questo grande poeta, che era anche il più sapiente tra i dotti della sua epoca e, di conseguenza, un esperto di arti magiche; stabilirà poi una connessione tra la celebre quarta bucolica, in cui si parla dell’avvento di una nuova era in connessione con la nascita di un bimbo, e le altre che narrano di un mondo pastorale, nel quale si vive in sintonia con la natura. Se è poi napoletano, non solo di nascita, ma anche di sensibilità profonda, sicuramente rivolgerà il pensiero anche ad un altro poeta, del Rinascimento stavolta, Iacopo Sannazaro, che scrisse una Arcadia e un De partu Virginis (un poema sul Parto della Vergine Maria), quasi che la nascita del Bambino Gesú sia indissolubilmente legata al mondo dei pastori. Questo delicato poeta fece edificare una chiesa su un costone roccioso, che all’epoca strapiombava sul mare di Margellina; la volle dedicare alla Vergine partoriente; nella sacra ombra della chiesa di “Santa Maria del Parto”, egli riposa nel sepolcro posto dietro l’altare maggiore; nella stessa Chiesa, un artistico presepe ligneo ricorda ancora al viandante quello che, insieme alla poesia virgiliana, fu ciò che lo innamorò maggiormente: la nascita del Bambino Gesú.

Ma di tutto questo, o cortese Lettore, se avrai pazienza, dovrò ancora parlarti. Ma ora forse mi chiederai: “E chi non sa tutto quello di cui hai parlato?”

Con un po’ di rimpianto, dovrò dirti che forse la sua gioia è più pura e più vera, com’era la mia, quando, del tutto ignaro di sapienza e poesia, bastavano a farmi felice le scintille che, sotto l’attento sguardo paterno, facevo brillare davanti all’immagine del Bimbo Divino, la Notte sacrata della Sua nascita secondo la carne; ma l’inconsapevolezza è una condizione, non una scelta: e la cultura è ormai un dovere. Continueremo quindi nelle nostre analisi, consapevoli sempre che con l’indagine razionale si corre sempre il rischio della profanazione, come già altre volte ti ho avvertito.

(continua)

 

 

Italo Sarcone  -  Napoli, 13 giugno ’02

In die festo Beati Antonii  de Padua, Doctoris Ecclesiae

 

Italo Sarcone