CONTINUA A SPACCANAPOLI L'ANTICA TRADIZIONE DEI PASTORI

I bei pastori, i personaggi più famosi del rituale natalizio, sono ritornati nelle vetrine, sulle mensole delle botteghe più modeste e sulle onnipresenti bancarelle.
A Spaccanapoli e lungo le stradine adiacenti sono in mostra i pastori per affollare i presepi artistici od anche le creazioni più povere ed è inutile sottolineare come accanto ad una produzione artistica, eccellente ed una raffinatezza unica destinata agli intenditori oggi se ne realizza anche una commerciale e che, in definitiva costituisce la riserva inesauribile cui attingono i cento e cento negozi e tutte le bancarelle sulle quali mezza Napoli compera i pastori per i presepi natalizi che non hanno eccessive pretese.
Purtroppo la richiesta di pastori artistici è scemata rispetto ai decenni passati. La creazione di nuovi artistici presepi è limitata, per la maggior parte dei casi, a Musei, Chiese, a case particolarmente abbienti.
I nuovi pezzi, creati su commissione, vanno a sostituire figure andate distrutte e molti dei più bei pastori di Spaccanapoli raggiungono altri lidi non abituati a tale ricercatezza di tocco e semplicità di realizzazione.
In questi giorni si vedono pastori meravigliosi che non sono in vendita e che sono stati tirati fuori dai loro scarabattoli e messi in mostra per tornare - passate le feste - nelle loro nicchie come cose pregiate da riservare alle future generazioni a testimonianza della raffinatezza raggiunta da questa arte tipicamente napoletana. Si tratta di pezzi centenari, di una fattura di inesprimibile delicatezza di immagine e veridicità d'insieme: pezzi da museo, insomma, che stanno a parlare della bravura di artisti famosi.
E ci pare opportuno sottolineare la produzione di quel periodo certamente il più felice per i pastori di Napoli, vale a dire il settecento, epoca, appunto, in cui i più valenti artisti seppero profondere il meglio della loro valentia verso le esili ed espressive statuine di creta.
 
DAL '700 AD OGGI
Agli appassionati del Presepio sono familiari i nomi del Sammartino, del Celebrano, del Gori, del Mosca ecc., artisti che si dedicarono a questa espressione dell'Arte.
Non è facile, però, dare un giudizio concreto su gli artisti scultori Napoletani del XVIII secolo, autori delle minuscole sculture per Presepio, in quanto sono pochi gli elementi di carattere documentario in nostro possesso.
Dai testi del De Dominici, del Perrone, del Filangieri possiamo conoscere i nomi degli artisti più qualificati nel campo delle sculture per Presepio e nei loro scritti vi si trovano alcuni episodi, anche piacevoli e spesso in contraddizione fra loro, riguardanti le attività degli artisti. Ma nessuno ci ha fornito notizie precise dal lato biografico: si pensi che si ignora perfino la data di nascita di alcuni artisti, ma una cosa è certa e cioè lo straordinario impulso che il Presepio ricevette sia dalla grande passione per l'arte, sia dalla grande fede religiosa di Carlo III di Borbone.
Questo Re era solito occuparsi personalmente dell'accurato allestimento del Presepio e come ci narra testualmente Pietro D'Onofrio: << Con le Rege sue mani disporre i soveri (sugheri) formar la capanna, architettar le lontananze, situare i pastori >> e non basta, il nostro autore incalza col dire << la Regina Amalia occupavasi quasi tutto l'anno in far gli abiti per i pastori del Santo Presepio, anche per far cosa gradita al Re suo sposo >>.
Sull'esempio di casa reale, anche i più vicini alla corte cominciarono a costruire Presepi, a commissionare pastori, quasi come a voler gareggiare fra loro affinché qualcuno di essi eccellesse per averlo costruito più bello, più grande e con più pastori: dopo i nobili, anche i ricchi, i borghesi e i mercanti cominciarono a gareggiare tra loro.
 
LE CHIESE CITTADINE
Alla visita di questi presepi era dato libero accesso al popolo durante le feste natalizie. Naturalmente il popolo è portato non soltanto a giudicare ma quello che è deleterio, a fare spirito di parte. Molte volte, quindi, il Presepio non era visto come insieme di pezzi pregiati, ma era valutato ingiustamente perché erano in gioco le simpatie personali per questo o per quel proprietario e si giunse perfino a sfide a duelli. La verità è che a Napoli, nel XVIII secolo, fu tale la frenesia per il Presepio da indurre qualche appassionato a rovinarsi finanziariamente per le eccessive spese che esso comportava.
Per questi motivi è facile comprendere, che se per un determinato periodo a questa impresa si erano dedicati un numero limitato di artigiani, in seguito anche artisti maggiori, sia per la forte richiesta, che per la levatura dei committenti, si dedicarono volentieri a modellare testine di pastori. Ed ecco Lorenzo Vaccaro, Matteo Bottiglieri, Giuseppe Sammartino, Francesco Celebrano, autentici scultori, autori di molte sculture marmoree esistenti in diverse chiese della nostra Napoli, Giuseppe Gori, D. Lorenzo Mosca, Francesco Cappiello, Salvatore Di Franco, Giovan Battista Polidoro e tanti altri, modellare testine.
Poi ve ne furono altri che si dedicarono a modellare o scolpire animali per Presepio: così abbiamo Francesco e Nicola Vassallo, Francesco Gallo, Francesco Di Nardo, comunemente chiamato: << Ciccio 'e Nardo >>, Tommaso Schettini, Gennaro Reale, Giuseppe De Luca che si interessò particolarmente a modellare << nature morte >>.
Dopo il Presepio di Carlo III di Borbone, che fu il primo a popolarsi delle opere di questa eletta schiera di artisti, era pure da ammirarsi il presepe dei fratelli Terres, librai napoletani, di cui una buona parte fu venduta ai De Rosa. << Il seguito dei Re Magi in tal Presepe >> dice il Perrone << sembrava un esercito composto di tre bande dipendenti dai tre re >>. Famosi erano pure i presepi di Donato Cinque, Nicola Ruggiero, di casa Catalone ai Vergini, dal notaio Servillo, di Domenico Stanghi, conosciuto sotto il nome del << Prete della Trinità dei Spagnoli >>, del cav. Rossi controllare del lotto, del farinaio Francesco Carmelengo, del farmacista Antonio Tarallo a Porta Nova; il presepio di Giuseppe Leone soprannominato, << il mussuto >>, perché venditore di baccalà ai Cristallini, del cav. Antonio Naclerio, console del Brasile, di Felice Alfano, al vico Bisi, di Gaetano Salvino di Sorrento, del cottonaio Lombardi, e tanti altri.
A distanza di due secoli, per svariati motivi, i pastori di questi splendidi Presepi hanno cambiato casa, dimorando così sui Presepi degli attuali collezionisti.
 
LA REGGIA DI CASERTA
E' da ricordare il presepe della Reggia di Caserta, quello del Museo di San Martino donato dal Cuciniello, e quello di S. Chiara, tutti e tre aperti alla visita del pubblico; sono poi da menzionarsi come Presepi privati quelli dei cav. Tartaglia e del rag. Marcello Allecher. Come raccolte dirò, per prima, quella formata dall'indimenticabile comm. Eugenio Catello, che dedicò tutta la sua vita alla formazione di una delle più importanti collezioni di pastori del '700 Napoletano: questa magnifica raccolta è ora gelosamente conservata dai suoi figli. Poi vengono quella del Perrone, quella dell'on. Tommaso Leonetti, particolarmente interessante per la rara banda musicale, quella dell'avvocato Papale ove troneggia un rarissimo angelo del Sammartino, quella del dott. Vittorio Accardi.
Trovandoci a parlare di raccolte di pastori, è doveroso segnalare quella del pittore Gennaro Borrelli, che ha avuto la felice idea di raccogliere pastori in legno del '600 Napoletano, cosa mai praticata da nessuno.
Fin qui la storia in linea sommaria, di questo particolare settore della scultura presepistica napoletana del '700.
In merito alla conoscenza che i collezionisti hanno sulla fattura dei pastori, è opportuno suddividere questi in due categorie: amatori e conoscitori, classifica che si rende necessaria per giustificare i soventi errori nei quali cadono gli amatori nell'attribuzione di un pezzo ad un artista anziché ad altri, da valorizzare un pezzo non meritevole.
Al riguardo non si può dimenticare quella caratteristica frase, che il comm. Catello pronunziava quando qualcuno gli mostrava un pastore, dicendogli: << Cummendatò chisto 'o faccio 'e Buttigliere >>, ed il Commendatore, garbatamente, gli toglieva il pastore dalle mani, lo toccava, lo studiava e poi, rivolgendosi al possessore del pezzo, con quella sua caratteristica bonomia, gli diceva: << Chesta è 'na preta >>. Dello stesso parere era don Mariano Scuotto ottimo conoscitore e collezionista il quale quando doveva giudicare un pezzo mediocre che alcuni autori attribuivano al Sammartino, ma che in realtà non lo era se ne usciva con una frase ormai divenuta celebre: << Chisto vene 'a S. Martino >>, volendo dire che non era affatto opera di quel Maestro.

prof. Antonio Lebro

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